domenica 16 gennaio 2011

Ricetta Celtica: PANE DI FARRO FATTO IN CASA !


Ecco la ricetta per fare il pane utilizzando il farro: uno dei cereali antichi che già i nostri antenati utilizzavano.
 


 


Ingredienti:


mezzo kg di farina di farro tipo 0


due cucchiaini di lievito di birra secco


un cucchiaino di miele


un cucchiaino di sale (a seconda dei gusti)


 


Mettere il lievito ed il miele in una tazza con due dita di acqua tiepida ed attendere dieci minuti fino quando ha formato una schiuma spessa come quella del cappuccino.


Se avete il lievito in polvere mettetelo direttamente nella farina.


In un'altra tazza mettere il sale a sciogliere con due dita di acqua tiepida.


Versare la farina in una ciotola capiente e poi il lievito e l'acqua salata. 


Aggiungere acqua se serve, se non sembra sufficiente quella del lievito e del sale ed impastare tutto lavorandolo con le mani per qualche minuto. Bisogna ottenere un impasto elastico e che si stacchi da solo dalle pareti della ciotola.


Coprire la ciotola con un canovaccio e tenerla per un'oretta in un posto tiepido (vicino ad un calorifero o al sole...). Impastare di nuovo per qualche minuto e rimettere a ancora a lievitare. dopo un'oretta ancora l'impasto sarà cresciuto notevolmente. Preparare la pagnotta nella forma che si preferisce mettendola su di una teglia, meglio se su carta da forno  e lasciarla lievitare ancora qualche minuto. Infornare a 250 gradi (forno preriscaldato), 200 gradi se avete il forno elettrico. 


Lasciate cuocere dai 30 ai 35 minuti.


Il tempo di cottura dipenderà dalla forma del pane, tenete conto che dovrà avere una bella crosta dorata. Per evitare che sia poco cotto all'interno meglio spegnere il forno e lasciare il pane dentro ancora per 10 min.


Lasciare raffreddare il pane e per evitare il crostone duro coprirlo con uno straccio leggermente umido...

martedì 11 gennaio 2011

Salut a Belisama


Salut, a Belisama Mader !

Tucc i fioeu gh’hann la toa amorevolezza.


La tua Grazia la vegn de nunch


Cont la tua Grazia recevomm la sostanza del sol ch’el nass.

Sacra Belisama, Mader del fioeu piscinnin


L’è rivàa el moment de metess adrèe a sbuugiàa i zucch


Per rend onor al tò temp.

La Natura nostra amica: lavorare con le erbe Magiche

Al giorno d'oggi siamo abituati ad assumere prevalentemente farmaci che più o meno conosciamo, appartenenti alla medicina che va per la maggiore, definita "allopatica".
Il farmaco, prodotto di sintesi, proviene da un processo eseguito soltanto su alcune delle molecole della pianta, "estratte" chimicamente in laboratorio.
I nostri vecchi e i nostri avi, si sono sempre curati sin dalla notte dei tempi con le erbe, assunte sotto forma di decotti, tisane e impasti.
La tisana è conosciuta ormai da tutti. Questa la si ottiene utilizzando di preferenza la pianta fresca, appena raccolta (ma anche quella secca va bene, per chi non ha tempo di cercarsela, a patto che provenga dalle nostre terre), immergendola in acqua bollente: si aspetta 15', si filtra e la si beve con un po’ di miele, (meglio se monofiore, di preferenza acacia, rosmarino, tiglio e timo) e per chi non lo tollera, meglio lo zucchero grezzo.
 
Altri metodi di utilizzo più complessi sono costituiti dalla Spagiria e dall'Omeopatia.
Esistono, però, altri metodi di utilizzo e lavorazione della pianta.
La Spagiria come l'Omeopatia, usa la pianta intera senza escludere nulla, lavorandola con mezzi e tecniche appropriate.
In questo caso la si lavora con le mani, servendosi di utensili che provengono da metalli puri, come il rame, il bronzo e il vetro, per i vari processi lavorativi.
La differenza tra Spagiria ed Omeopatia sta nel fatto che la seconda salta alcuni passaggi di elaborazione che risultano alla fine i più importanti, anche se richiedono tempi di preparazione molto più lunghi (più di 3/4 mesi).
Per una questione economica, quindi, l'Omeopatia ha deciso di fare a meno di alcuni dei passaggi per ottenere maggiori quantitativi di prodotto da vendere sul mercato farmaceutico.
 
Come diceva Goethe:
"La conoscenza della Natura deve rappresentare un punto di incontro, un ritmo tra l’estremo empirico e quello astratto. Tale punto di incontro si realizza in un nuovo sistema di conoscenza, chiamato “intuizione” o percezione del “fenomeno originario”. In essa il fatto percepito perde la sua particolarità empirica per rivelare l’idea, la legge profonda della natura, idea e legge che in un altro modo non potrebbe mai essere colta al di fuori dell’ambito sensibile. Questo è possibile perché l’Uomo fa parte della Natura ed è Natura lui stesso e quindi non si può avere una contrapposizione tra soggetto ed oggetto nel conoscere, poiché lo stesso spirito si esprime nell’Uomo e nella Natura. L’Uomo conoscendo il mondo conosce se stesso e nel soggetto vi è tutto ciò che è nell’oggetto."
 
 
IL PRODOTTO SPAGIRICO
 
II termine Spagiria deriva dal greco “Spao” e “Agheuro” che significa letteralmente separare e ricongiungere.
Il processo di ottenimento dei rimedi spagirici è basato sull'opera del medico svizzero Paracelso (1493-1541), ritenuto l’iniziatore della Spagiria.
Oggi, comunque, con l’ampliamento delle conoscenze sulle fonti tradizionali, siamo in grado di affermare che la Spagiria come l’Alchimia, ha avuto i suoi natali nell’antico Egitto.
Questa è poi approdata nella Magna Grecia, intorno al 500 a.C., dando luogo alla Scola Italica, preesistente a Pitagora medesimo.
Può essere considerata come un ponte fra l’omeopatia classica e la fitoterapia moderna e si distingue da queste per alcune peculiarità ben distinte.
La produzione della tintura spagirica (così viene chiamato il prodotto ottenuto) è basata su tre tappe essenziali: la fermentazione, la distillazione e l'incenerimento.
In questo modo possono venir estratti gli oli essenziali (sostanze aromatiche), le sostanze minerali e gli oligoelementi propri a ciascuna pianta. Il vantaggio di queste essenze spagiriche risiede dunque nel fatto che contengono non solo delle sostanze organiche, ma anche delle materie inorganiche (sali minerali, oligoelementi).
Solitamente le tinture contengono poco alcool (10%-20%) e se il dosaggio prescritto è rispettato, non sono tossiche; sono inoffensive e senza effetti secondari conosciuti. Tramite le differenti tappe di produzione, viene utilizzata tutta la forza della pianta.
 
LE PIANTE
Per la produzione delle essenze spagiriche si utilizzano preferibilmente piante fresche raccolte in zone incontaminate o a basso inquinamento, come possono essere le nostre montagne.
Solitamente un buon spagirista sottomette le piante ad un severo controllo di qualità prima di utilizzarle per la produzione. Questo controllo comporta fra l'altro un'analisi delle impurità, come la presenza di erbicidi, pesticidi e di metalli pesanti.
 
LA FERMENTAZIONE
Le piante sono sottomesse ad una fermentazione in acqua e ciò rappresenta la prima tappa della produzione di un'essenza spagirica. Secondo le piante, questo processo può durare parecchi giorni o addirittura settimane. Durante il processo di fermentazione, gli oli essenziali vengono liberati e delle sostanze aromatiche caratteristiche ad ogni pianta si sviluppano. Durante la fermentazione, dei cambiamenti strutturali del materiale vegetale generano la formazione d nuove sostanze. La fermentazione è seguita dalla distillazione.
 
LA DISTILLAZIONE
La massa vegetale è sottomessa ad una distillazione a vapore d'acqua che è una forma di distillazione dolce. Il suo scopo è di recuperare le sostanze aromatiche e l’etanolo estratto dalle piante durante la fermentazione. Dopo aver raggiunto la quantità di distillato prescritto questa tappa di produzione è terminata. Il distillato presenta un aroma molto gradevole che è rinforzato dal processo di fermentazione precedente.
 
L’INCENERIMENTO
La tappa seguente è l'incenerimento del residuo di distillazione. Lo scopo dell'incenerimento (calcinazione, secondo il termine alchemico) è di estrarre dalla massa vegetale i sali minerali e gli oligoelementi propri alle piante. Questi sono poi rimessi in soluzione nel distillato, e l’eccesso viene filtrato. Notiamo che questo processo di combustione elimina ogni traccia di sostanze organiche potenzialmente tossiche (alcaloidi).
 
COME UTILIZZARE UNA TINTURA SPAGIRICA
Le tinture spagiriche si utilizzano non solo sotto forma liquida di essenze, individuali o in miscela, ma anche sotto forma di unguenti (oleoliti).
Vanno assunte sotto forma di gocce con poca acqua, alla mattina a digiuno.
Le gocce possono variare da 2 a 5 a seconda del trattamento. Nel caso acuto se ne utilizzano anche 7.
 
OLEOLITI SPAGIRICI
Per quanto riguarda gli oleoliti, il procedimento risulta essere più semplice da attuare rispetto alle tinture, e chiunque di noi può cimentarsi a casa propria, avendo però la cura di utilizzare pentole in ghisa più resistenti alle alte temperature.
Dapprima si lascia asciugare la pianta al sole, fino a quando tutta l’acqua è evaporata.
Come secondo procedimento si invasa la pianta assieme all’olio di ricino (acquistabile in una qualsiasi farmacia) e la si lascia in infusione per circa 40 giorni.
Alla fine si filtra il composto e si passa alla calcinazione, ovvero incenerimento, della pianta possibilmente in un forno a combustione naturale: il prodotto che si ottiene assume un colore biancastro e si riduce in polvere.
Tale polvere va rimescolata assieme all’olio filtrato. L’oleolito è così pronto.
 
 
PREPARAZIONE E SPIEGAZIONE
La raccolta, la preparazione e la manipolazione delle piante dovrà avvenire in tempi precisi e con modalità rigidamente in sintonia con i ritmi della Natura, vale a dire scegliendo il giorno ed anche l’ora più propizi per la raccolta.
Un buon libro di Erbe Officinali, ci indicherà, poi, il periodo di crescita di ogni singola pianta, in modo tale da poter scegliere con cura quella che più si addice alle nostre esigenze.
Altro fattore da tenere in considerazione, e che i nostri Avi ben conoscevano, erano le “similitudini” con le divinità (Forze di Natura) che si associavano alle erbe.
Come alcuni di noi ben sanno, presso i Celti esistevano numerose divinità, ed anche per ogni singola creatura ve ne era una preposta ad hoc, che ne donava caratteristiche uniche e inequivocabili.
Per la preparazione spagirica dobbiamo tenere conto di alcuni fattori.
Ogni pianta è composta di tre parti fondamentali, ottenibili per separazione naturale:
L' Acido, positivo.
La Base, negativa.
Il Sale, neutro, risultante dall’unione dei primi due.
In via generale, per macerazione, distillazione ed infine calcinazione, si ottengono i tre elementi separati che, alla fine, riuniti assieme, danno luogo alla cosiddetta Quinta Essenza, che risulta essere un elemento infinitamente potenziato rispetto alla pianta di partenza, in quanto contiene in sé l’elemento energetico che alimenta, sostiene e dirige la parte fisica della pianta.
La pianta è complementare all’uomo:
RADICI preposte al  CERVELLO
TRONCO E FOGLIE preposte alla ZONA TORACICA
FIORE preposte agli ORGANI RIPRODUTTIVI.
FRUTTI E SEMI preposte agli ORGANI DEL RICAMBIO.
Un esempio più recente di questa metodologia spagirica, la ritroviamo nel nostro medioevo, con i monaci benedettini che, all’interno del monastero, costruito secondo i canoni geometrici sacri, vagliavano gli individui da sanare, sia fisicamente che spiritualmente, praticando una vera e propria terapia Psicosomatica.
Essi producevano medicamenti spagirici ed alchemici nei propri laboratori, potenziandoli con la sacralità sia del luogo che delle loro tecniche, vere e proprie rituarie sacre.
Siamo di fronte ad una filosofia olistica, cioè unitaria, che vede l’Universo come un unico corpo vivente, composto da infiniti elementi interdipendenti, dei quali l’uomo è il riassunto, potremmo dire il luogo geometrico del sistema e che costituisce l’elemento ultimo catalizzatore di tutte le forze divine.
Da questo si può ritenere chiaramente che non è il Male, la Malattia ad Esistere, ma il Malato, in questo caso considerato come un piccolo Universo sconnesso, mal combinato, con il quale veniamo in contatto, innanzitutto per via sottile, e che possiamo veramente portare a guarigione.
La luna è la lente di convergenza di tutte le forze cosmiche in generale e delle stelle in particolare. Questo in Spagiria è fondamentale e la maggior parte degli operatori del settore lo ignora completamente.
La Natura, la Grande Madre, mentre toglie con una mano, si premura di dare con l’altra;
cioè, viste le forze sfavorevoli, possiamo evitarle e mutarle a nostro vantaggio.
 
 
DOVE E COME RACCOGLIERE LE ERBE
Il bosco è uno fra i tanti luoghi dove possiamo trovare le nostre erbe: vale qualsiasi altra località di pianura e di collina, ma che assolutamente siano distanti, il più possibile, da ogni tipo di inquinamento magnetico (es. tralicci dell’alta tensione, antenne trasmittenti radio, radar, TV, ecc.); inquinamento chimico ed acustico.
È preferibile il bosco in quanto luogo atemporale per eccellenza, che ci permette di tornare nella dimensione atemporale dei nostri antenati.
Ad esempio, per chi ha la possibilità di frequentare i luoghi delle nostre magnifiche Alpi e Prealpi, potrà constatare come ci si possa immergere abbastanza facilmente, in un ambiente Celtico ancora genuino, quasi del tutto privo di ogni inquinamento acustico e ambientale ed ancora integro.
Seguendo un qualsiasi sentiero prima di entrare in un bosco, quasi sempre si incontra una cappelletta contenente una Madonna, dove sull’altarino sono posti sempre fiori freschi di stagione.
La Madonna non è altri che la dea Belisama, dea celtica della fertilità per eccellenza; sappiamo, a tal proposito, che tutte le divinità e le forze esistenti in Natura ai tempi dei Celti, hanno subito delle modifiche peculiari, durante la cristianizzazione operata molti secoli or sono.
Hanno cambiato il nome ma non la sostanza, e se anche li chiamiamo con nomi “cristianizzati” rimarranno sempre le stesse entità primordiali che i nostri Avi invocavano.
È con la collaborazione di queste forze che bisogna iniziare raccogliere le erbe: con lo spirito dovuto, cominciamo col farcele amiche e chiedere il loro aiuto e consenso prima di entrare nel bosco sacro (Nemeton).
Al di là dell’indicazione generica di cogliere la pianta al massimo della sua potenzialità, che si ha nei primi giorni di luna crescente, dobbiamo valutare la corrispondenza di ogni singola pianta consone alla problematica psico-somatica da curare.
 
Seguiamo il “Pensiero” Celtico:
Ben equipaggiati, con cestino e falcetto, entriamo nel bosco liberandoci prima da ogni pensiero negativo e preoccupazione: la tranquillità è fondamentale.
Lentamente entriamo in contatto con i profumi che emanano gli ambienti del bosco: essi sentono che le nostre intenzioni sono positive, ed allora anziché opporsi, ci fanno strada e ci facilitano il cammino.
Quando arriviamo in una radura, ci fermiamo al centro e poco alla volta, abituiamo la vista alla penombra e scorgiamo le nostre erbe.
Ci chiniamo, e prima di maneggiare il falcetto, pronunciamo questa invocazione possibilmente nella propria parlata o in quella del luogo prescelto:
 
“Salute a VOI, o luminosa, …………… (nome della pianta), sono venuto a cogliervi affinché mi rendiate la salute, poiché sono affetto da un male che voglio curare”.
 
È importante la differenza che passa tra l'usare l'italiano (lingua ormai alla portata di tutti) e nel rivolgerci nella lingua madre; il secondo è più potente perché ha un vissuto storico genuino e quella carica magnetica pregna di tutte le Voci generazionali che provengono dalle nostre terre, dai nostri nonni.
Come si sa i Druidi usavano, non solo per il vischio, ma anche per tutte le altre erbe del bosco, il Falcetto d'oro.
Il falcetto può essere di ferro, ma è fondamentale che lo stesso sia stato acquistato
nuovo e debitamente Consacrato.
Esso dovrà essere maneggiato esclusivamente da noi, e custodito gelosamente nel nostro cassetto o altare, anch’esso consacrato.
Un consiglio che ci proviene da lontano: per consacrare qualsiasi cosa, ci si deve recare ad una fonte pura, alla riva della quale si trovino Noccioli e/o Salici.
È fondamentale che vi siano queste e non altre piante, perché la tradizione celtica nostrana vuole che si portino e si leghino ai rami di tali piante fazzoletti di lino bianco con scritti i nostri desideri, i nostri pensieri e i nostri dubbi (in nero o rosso).
Il Nocciolo e il Salice sono piante che ci aiutano nella contemplazione e nel percorso dei nostri pensieri profondi.
Quando avremo terminata la raccolta, ringrazieremo le forze amiche del bosco, sostando brevemente in contemplazione e in comunione con tutto l'ambiente che ci circonda, tornando poi a casa nostra.
Lì giunti, stenderemo opportunamente le erbe ad asciugare per poterle mantenere più a lungo: è consigliabile, successivamente, conservarle in barattoli scuri, non esposti direttamente alla luce del sole. Meglio se questi barattoli sono di terracotta o vetro per evitare che vengano in contatto con materiali estranei alla costituente naturale.

lunedì 10 gennaio 2011

Il simbolismo del sacro Drago

IL SIMBOLO DEL DRAGO
 
Il simbolo del drago rappresentato da più secoli nelle nostre terre, deriva dal serpente primordiale che rappresenta il caos e che viene collegato alla Dea Madre.
Solo col Cristianesimo questo simbolismo diviene l’espressione del male, in quanto non riuscendo a modificarlo o distruggerne il forte significato, si era preferito demonizzarlo.
Il Drago è sempre stato accomunato al simbolo di fecondità, di nascita e morte (inizio e fine).
Rappresentato nel medioevo dall’Ouroboros, serpente o drago che si morde la corda, motivo principalmente utilizzato nelle operazioni d’Alchimia, simbolo di trasmutazione della Materia bruta.
Esprime l’idea che la fine e l’inizio si compenetrano, fanno parte l’uno dell’altro, così che esprimono l’idea della trasformazione, dell’evoluzione, della Grande Opera Alchemica applicata sia alla materia bruta che all’Individuo.
Presso le popolazioni celtiche rappresentava la reminiscenza e la rappresentazione mentale.
Nonostante questa demonizzazione il drago lo troviamo spesso rappresentato sulle chiese cristiane, a partire dal Duomo di Milano e dal simbolo stesso dello stemma visconteo.
Nell’antica Europa, in tempi remoti, quando la cultura Celtica era ancora agli albori, il concetto di Vita era un processo continuo di interscambio fra mondo profano e mondo religioso; questo è significativo, perché ci fa capire come tutto fosse armonioso, e di come l’Uomo si rapportasse alla Natura, nella sua completezza. Tutto avveniva non in modo sentimentale, come avviene oggi, ma secondo le leggi interiori che appartengono anche al Cosmo: il microcosmo che "comunica" col macrocosmo. 
Un’indagine approfondita, quindi, non può scindere i due aspetti di una tradizione così antica. Spesso, si sente parlare dei Draghi, animali misteriosi e primordiali che un po’ ci incutono timore, ma nessuno ne comprende il vero significato: anch’essi fanno parte del nostro mondo, ma operano direttamente nell'astrale bianco. Per capirne le potenzialità dobbiamo immergerci ed arrivare fino al tempo degli antichi sacerdoti; tempo che ci conduce fin quasi all'origine della civiltà conosciuta. Si racconta che in origine i Druidi, appresero la loro arte magica nelle Isole a Settentrione del Mondo. Queste isole erano situate nell’Altromondo, oltre le Acque. 
Qui “… non c’è né terra, né acqua, né aria allo stato puro, ma una specie di miscuglio dei tre elementi, dove terra, acqua e aria sono mescolati come fossero tutti riuniti. L’Altromondo non è misurabile, è un eterno presente e un mondo di illusioni”. Il dio che governa queste terre è Crono (signore del Tempo); è assopito, poiché queste terre sono senza tempo. Il quinto elemento, il fuoco, non esiste ancora, e quindi “nulla può essere plasmato”. 
Tutto rimane inerte, in uno stato chiamato “del sogno eterno”. L’Irlanda, la Gran Bretagna, la Scandinavia, rappresentano l'immagine terrena di queste terre, il riflesso di uno specchio gigantesco. I Tuatha Dé Danann, popolo dell’età del bronzo, andarono nella regione Iperborea, ad imparare la magia, le scienze, il druidismo, la saggezza e l’arte, nelle quattro città principali: 
FALIAS – GORIAS – MURIAS – FINDIAS, 
ove risiedevano i quattro Druidi guardiani: MORFESA – ESRAS – UISCIAS – SEMIAS, 
trasmettitori di scienza e conoscenza. Al loro ritorno portarono quattro oggetti sacri: Da FALIAS la pietra di Fail (Lia Fail) (Terra), da GORIAS la lancia di Lugh (Aria), da MURIAS la spada di Nuada (Fuoco), e da FINDIAS il calderone di Dagda (Acqua). 
La parte finale “AS” significa “ESTERNO”, “AL DI FUORI”, e significa essere nel mondo senza tempo. È significativo che per giungere in queste terre, si debbano attraversare acque tempestose; queste, infatti, rappresentano l’interiorizzazione delle nostre emozioni (la Luna), e attraversarle significa andare incontro all’oblio; qui ci si deve scontrare con il “Guardiano della Soglia”, un drago minaccioso che punisce coloro che non sono ancora in grado di intraprendere questa via. 
Poiché precedono la forma, le acque rappresentano la Vita nel significato più alto del termine. Si può rimanere prigionieri della corrente che trascina dove vuole. L’acqua è quell’impulso che ci porta verso il basso, in uno stato passivo, e per vincerla si deve anteporre la parte attiva del nostro fuoco che indirizza la sua Volontà (quindi la propria Individualità), verso la Forza interiore. I druidi officiavano presso i nemeton (santuario, tempio) ossia le foreste, e all’inizio di ogni rituale proferivano queste parole: “Nemora alta remotis incolitis lucis” Abitate santuari profondi, in foreste remote. 
I luoghi prescelti erano centri particolarmente carichi di forza magnetica, uniti da una linea immaginaria (ma non tanto): gli omphalos. Mediolanum (Milano), che significa “centro di perfezione”, era collegata, ad esempio, a New Grange (Irlanda), Carnac (Francia), Stonehenge (Inghilterra) e a Delfi (Grecia). I draghi della tradizione celtica rappresentano i guardiani delle nostre potenzialità, e di quello che abbiamo “ereditato” da lontano. Questi ci permettono di avere una chiave in più per conoscere noi stessi. Sono lo specchio del nostro Cosmo interiore e rappresentano i “guardiani dei Templi”: 


Il DRAGO DI TERRA, rappresenta il Subconscio. LIA FAIL. OVEST NERO FOMHAR AUTUNNO PIOPPO BIANCO Equinozio d’autunno È il custode dei tesori nascosti nei tumuli sepolcrali, ed è ancora assopito, perché aspetta il risveglio della fine dei tempi. Rappresenta la coscienza che si sta risvegliando e il viaggio dell’anima tra una trasmigrazione e l’altra.
Il DRAGO D’ACQUA, rappresenta l’Inconscio. CALDERONE DI DAGDA. NORD BLU GEIMHEREACH INVERNO ABETE BIANCO Solstizio d’inverno È alla soglia dell’Altromondo, e ci guida verso il Mondo Sotterraneo. L’Inconscio che vede il sorgere della consapevolezza dei desideri irrisolti. Le potenzialità della psiche umana vengono sorvegliate dal drago, per impedirci di usarle in modo inappropriato. Simboleggia anche la trasmutazione e la profondità di sentimento.
Il DRAGO DI FUOCO, rappresenta l’Io, la Coscienza del Sé. SPADA DI NUADA. SUD ROSSO SAMHRADH ESTATE ERICA Solstizio d’estate È il Fuoco Interiore, NWYRE (Kundalini), che circola nei centri psichici del corpo umano (Chakra). È colui che ci risveglia al nuovo Cammino palingenetico. I poteri interiori sono pericolosi, pertanto questo drago ci appare minaccioso per metterci in guardia; dobbiamo risalire i gradini della piramide senza affrettare il passo. 
Il DRAGO D’ARIA, rappresenta la Super coscienza. LANCIA DI LUGH. EST VERDE EARRACH PRIMAVERA GINESTRA Equinozio di primavera Risveglia i livelli più alti della Coscienza e viene associato al Fulmine e al Tuono. Chi è alla ricerca dell’Illuminazione, riesce a trovarla, ma ad un livello superiore. L’Ispirazione è magica, perché ci mette a diretto contatto con l’Astrale. È il drago che ci può apparire anche nei sogni. Rappresentano le quattro Opere alchemiche della Nigredo, Viriditas, Albedo e Rubedo, egregiamente spiegate dal Gentili nel suo libro “La Luce di Kemi, le Fonti dell’Alchimia”, edito da Kemi Hator (Milano – ristampa del 1992). 
Questi Draghi sono a guardia dei loro tesori, e riuscire a vincerli, significa compiere la propria trasmutazione, la via palingenetica che porta all’equilibrio interiore. Compiere questo cammino è pericoloso, se non si è più che preparati. Vi sono 3 stadi principali (secondo gli antichi sacerdoti), che l’individuo deve superare durante il proprio cammino palingenetico: 
1. Fase di regressione o morte iniziatica, durante la quale ci si spoglia di tutti gli stereotipi della vita moderna, per apprendere le arti druidiche. 
2. Fase di rinascita, durante la quale ci si appropria delle conoscenze degli Avi. I Totem ci guidano alla contemplazione della Natura. 
3. Fase della rivelazione, durante la quale si completa la formazione iniziatica per procedere lungo il cammino palingenetico. I Draghi ci aiutano ad attraversarli, a patto che siano gli Uomini a volerlo, a porre la propria Volontà (superiore) al servizio del divino che risiede in ogni dove.
I quattro animali primordiali, a differenza dei draghi, rappresentano le ere terrestri e l’involuzione dell’Essere Umano, verso la materia. Anche se molti sono convinti del fatto che discendiamo dalla scimmia, la mitologia e le tradizioni di tutti i popoli della Terra, confermano il fatto che l’Uomo Primordiale, era in origine un dio, e che a seguito della sua discesa in terra, ha subito delle metamorfosi. Tutti parlano di sfere di pura energia, e le scimmie sono soltanto il tentativo, grossolano, di materializzazione di queste forze. Nel ciclo mitologico d’Irlanda, presente nel “LEBOR GABALA EIREANN”, si fa menzione di quattro stirpi di dei e semidei, che furono i fautori di queste ere. L’Uomo, in queste fasi, subisce delle “trasformazioni” simboleggiate dai Totem, da quelle forze rese manifeste e disposte al suo servizio. 

LE QUATTRO ERE: 

CERVO – (stirpe) NEMED – ETA’ DELL’ORO Origini. Spirito etereo, puro. Non possiede ancora l’Intelligenza né il Mentale. 
CINGHIALE – (stirpe) FIR BOLG – ETA’ DELL’ARGENTO FOMORI: potenza occulta della Natura. Materia ancora troppo sottile per avere una forma perfetta. Simboleggiano il magnetismo della materia bruta. FIR BOLG: Materia. I corpi sono giunti ad una materializzazione più spessa giungendo alla perfezione fisica. La parte sottile ha tuttavia ancora il sopravvento. 
FALCO – (stirpe) TUATHA DE’ DANANN – ETA’ DEL BRONZO Il mentale viene creato per unire lo spirito al corpo fisico ed energetico, dotando l’Uomo di Coscienza e Intelligenza. Vincono i Fomori, la parte energetica ed informe. SALMONE – (stirpe) FIGLI DI MILE – 
ETA’ DEL FERRO: L’Uomo è completo. 
La Materia manifesta va alla scoperta e alla conquista della terra. Si cerca di ritornare alla fonte, risalendo la spirale dei tempi, verso un ciclo anteriore ma ad un grado più elevato. Secondo la legge dell’evoluzione. Dopo i Milesi (figli di Mile), giunge in Irlanda S. Patrizio, l’indovino, il quale deve ritornare “a casa”, verso la fonte originaria, memore di tutte le sue esperienze fatte nelle precedenti ere.

Le strade percorse da millenni dai nostri antenati, sono rese oggi più difficili dalla nostra lenta ma inesorabile involuzione verso la materia. Questo non significa, però, che il nostro sia un cammino impossibile, anzi, possiamo affermare con assoluta certezza, che i tempi odierni vedono un campo più proficuo per ripercorrere le “strade dei Padri”, ricchi delle nostre esperienze passate: è un processo, anche questo, lento che però ci da la possibilità di ritornare "alla Casa del Padre". Dobbiamo faticare maggiormente, rispetto alle altre ere, ma altrettanto maggiori saranno i risultati che otterremo.

domenica 9 gennaio 2011

Le Streghe, queste sconosciute


Strega. Una parola, un nome che al giorno d'oggi incute timore e suscita il ricordo di grandi superstizioni, per lo più negative.
In realtà le Streghe erano figure antichissime di origine “pagana” celtica.
Bastava veramente pochissimo per essere definiti “Strii” o “Stròlech” “Strion”, come si pronuncia nelle parlate della Lombardia.
Solitamente erano donne anziane o giovani solitarie (ma a volte anche uomini) che vivevano al limitare dei boschi, spesso contadine che magari facevano le levatrici, conoscevano i segreti e le proprietà magiche delle erbe, e seguivano le vecchie tradizioni legate alla Natura e al ritmo delle stagioni.
Con l'avvento del Cristianesimo, in tempi di misteria e malattie contagiose, la Chiesa Cattolica, gli altri prelativ e i potenti dell'epoca, iniziarono a perseguitarle sempre più aspramente fino ad arrivare a bruciarle vive in nome di una negazione delle credenze pagane e della demonizzazione di queste figure che venivano ritenute figlie del maligno e quindi cattive. Accusandole di rovinare i raccolti, causare malattie, praticare la magia a scopi malvagi e rovinare le famiglie con incantesimi malefici, riuscivano ad incutere nelle persone grande paura e al contrario grande devozione alla Chiesa.
Tra il 1400 e il 1660 la “caccia alle streghe” aveva bruciato vive migliaia di persone innocenti.
Piano piano iniziò a diventare meno frequente fino a che non si estinse. In compenso, fanno ancora parte della collettiva superstizione, retaggio di queste antiche credenze suscitate dalla Chiesa: le vediamo nei film, raccontate nei libri e in tanti programmi TV, ed ancora nei boschi o in riva a qualche fiume dove si riuniscono per compiere riti segreti.
50 anni fa nacque in Inghilterra, la “Wicca” che deriva dal termine inglese “witch” ed è una sorta di nuova religione che si diffuse in America ed infine raggiunse anche l'Italia. La Wicca si ispira a molte credenze che la Chiesa condannava durante la caccia alle streghe, si basa sul principio che tutto è sacro ma non ha nulla di satanico.

Ma veniamo all'origine del nome.
In gaelico si chiama “Cailleach Bandraoi” (si pronuncia Calliah Banrui) con il significato di druidessa, saggia, maga e indovina.
Ma la Strega è viene anche associata ai poteri segreti della Luna – Gealach (ghialah) – che infonde in queste persone grandi poteri e infinite conoscenze dei cicli lunari legati alla Madre terra.
Sentainne (Scentann) vuol dire “donna anziana” ed è un'altra espressione per definire una Strega.
Da noi, in Lombardia, come detto più sopra, si chiamano “Strii” (Stria al singolare) e gli uomini “Stròlech” od anche “Strion”.
Ebbene, il nome deriva dal gaelico “Striòc” (sctriuk) che significa “percuotere con un bastone” e “carezza”, a significare l'atto sacro di percuotere la terra con un bastone di legno (solitamente quercia o nocciolo) per invocare i poteri benefici della Grande Madre e propiziarsi il migliore dei raccolti e la buona riuscita delle pozioni magiche per curare le persone. Atto che assomiglia più ad una “carezza” amorevole che una mamma fa al proprio bambino per fargli capire quanto lo ami, un atto d'amore verso la propria terra.

Ecco un'antica cantilena Milanese che meglio rappresenta questa figura ambigua:

“La sciora Teresa
l'è veggia, l'è brutta
l'è mezza distrutta
la dorma del dì.
De nòtt la va intòrna
la gira, la gola,
l'è semper lee sola
la porta el marì.
l'è denter in la tana,
l'è denter la Stria:
cascemmela via ?
Andemm, vegnì chì.
Sont minga inscì merlo,
la tana l'è scura
gh'hoo tròppa pagura !
La veggia l'è lì.
La Sciora Teresa
l'è in lett ammalada
l'ha faa ona cascada
l'ha ròtt el marì.
l'è dent in la tana
scottada, brusada
rabbiada, dannada
lassemela inscì.
La veggia bacucca
la pesta la zucca
la pesta la saa
la veggia del carnevaa”

 
A Milano si credeva che nella zona di via Quadronno fosse esistito un bosco fittissimo nel quale nessuno osava mettere piede o abitare perchè si credeva che lì le Streghe si riunivano per convegni e per compiere rituali magici.
Si diceva che nella “cà di tencitt” di via Laghetto, 2, abitasse una fattucchiera che di notte saliva sul tetto per parlare con altre streghe del Verziere. Poi, a cavallo delle scope, “brugh”, partivano per i loro “sabba” abituali.
In realtà si trattava di donne che erano ispirate a principi di dolcezza e dignità verso la Natura, il Sapere insegnato a tutti i praticanti perchè se ne possano servire per il Bene, nessuna asprezza ideologica tra gli uomini, armonia ed equilibrio tra gli Uomini e la Natura e nessuna ossessione del peccato.